sabato 17 marzo 2007

INTERVISTA A FASSINO. DA L'UNITA' DEL 17/03

Altro che «votificio». L´«ampiezza» della partecipazione ai congressi della Quercia è l´ulteriore dimostrazione dell´«enorme interesse che c´è nel Paese per il progetto del Partito democratico...».
Costretto a casa da una brutta influenza, Piero Fassino ha dovuto disdire gli appuntamenti del fine settimana tra Milano, Sesto San Giovanni e Cernobbio. Non per questo, però il segretario della Quercia rimane lontano dal dibattito politico e da ciò che sta avvenendo tra i Democratici di sinistra.
«I congressi di sezione fanno registrare una partecipazione record, superiore a ogni altro appuntamento congressuale precedente. Un partito stanco, deluso, sfiduciato, che non credesse alla sfida del Pd, non realizzerebbe certamente una partecipazione congressuale appassionata e grande come quella che stiamo conoscendo». E Fassino approfitta anche di questa intervista a l´Unità per rinnovare solidarietà al portavoce del governo, Silvio Sircana. «Ciò che è accaduto è l´ennesima riprova dell'imbarbarimento cui la destra ha condotto la politica italiana - spiega il leader Ds - Dico la destra perché, anche questa volta, come con Telekom Serbia, Mitrokin e altro, è il Giornale il capofila della campagna di veleni».
Segretario, viviamo ore drammatiche. Noi tutti speriamo che Daniele Mastrogiacomo ritorni al più presto in Italia
Rinnovo ai rapitori di Mastrogiacomo l´appello a liberare un giornalista partito per l´Afghanistan con l´unico scopo di svolgere al meglio il suo lavoro di operatore dell´informazione. Ci auguriamo che tutti gli sforzi che il governo italiano sta mettendo in campo portino a un risultato positivo. Abbiamo avuto un esito importante della trattativa per la liberazione dei nostri connazionali in Nigeria. Speriamo di poter salutare nelle prossime ore la liberazione di Mastrogiacomo, in modo che venga restituito alla sua famiglia e al suo giornale.
Anche il rapimento del nostro collega di Repubblica dimostra che la tensione in Afghanistan si aggrava giorno dopo giorno...
La situazione è complessa e pesante. Non si tratta di invocare ritiri unilaterali dei soldati italiani, visto che né l´Onu né i paesi impegnati a Kabul lo prevedono. Serve, invece, una iniziativa della comunità internazionale tesa a ridefinire una strategia per garantire in Afghanistan una transizione non segnata dall´escalation della guerra. Va in questa direzione la proposta del governo italiano per una Conferenza internazionale di pace che dia all´Afghanistan un assetto sicuro e più stabile. E credo molto importante, anche alla luce del rapimento di Mastrogiacomo, ribadire che l´Italia - nel momento stesso in cui conferma l´impegno dei suoi soldati ad agire a Kabul su mandato Onu -, vuole rafforzare contestualmente l´aspetto politico ed economico della sua missione. Mettendo in campo aiuti umanitari, sostegni alla ricostruzione, iniziative per il consolidamento degli istituti democratici.
Lei pensa a una Conferenza di pace aperta anche ai Talebani?
Un vecchio aforisma della diplomazia dice che la pace si fa con il nemico, ed è difficile pensare a una Conferenza di pace che non veda sedere intorno allo stesso tavolo tutti i protagonisti, In modo che questi possano guardarsi negli occhi e decidere insieme come uscire da una situazione così drammatica.
La Conferenza è parte integrante del decreto per il rifinanziamento delle missioni militari all´estero, che il 28 marzo verrà votato al Senato. Si riaprirà nell´Unione la crisi politica delle scorse settimane?
Mi auguro che quella esperienza abbia insegnato qualcosa. Che tutti abbiano capito, cioè, che con gli equilibri precari del Senato le distinzioni politiche all´interno della maggioranza devono avere un limite. Un dissenso o una posizione diversa non possono tradursi automaticamente in un voto contrario alla maggioranza di cui si fa parte. L´unità, la coesione e la solidarietà della coalizione devono essere assunte da tutti come criteri di comportamento da anteporre a qualunque valutazione su questo o quel tema.
E se al Senato il governo non dovesse ottenere tutti i voti della sua maggioranza dovrebbe dimettersi?
No, affatto. Io penso che il decreto passerà con una larghissima maggioranza, perché anche il centrodestra lo voterà. Non tanto per fare un favore al centrosinistra. Ma perché si tratta di una scelta giusta che, se approvata dal Parlamento con oltre il 95% dei voti, non può determinare la conseguenza di un governo che rassegna le dimissioni. Sull´Iraq, voglio ricordarlo, Blair ha ottenuto il voto determinante dei conservatori inglesi e Bush quello dei democratici americani. Nessuno ha chiesto loro di dimettersi
La crisi delle scorse settimane, tuttavia, non ha rappresentato un incidente di percorso... Tutt´altro. Quella crisi politica, che fortunatamente non si è trasformata in una crisi di governo, ci consegna però alcuni problemi da risolvere. Il primo riguarda la debolezza del sistema politico-istituzionale, conseguenza di una pessima legge elettorale, voluta apposta dalla destra per rendere meno governabile le istituzioni del Paese.
La maggioranza, in ogni caso, al Senato è fragilissima...
Gli equilibri precari del Senato non sono la dimostrazione che il centrosinistra ha una maggioranza fragile, ma la conseguenza di una legge elettorale pessima. Pensata, come Calderoli ha cinicamente ammesso, per rendere più difficile l´azione di governo. Oggi, abbiamo bisogno di una nuova legge che dia stabilità al sistema. Ed è stata molto giusta la decisione di Prodi di aprire un confronto con l´opposizione per verificare la praticabilità di nuove regole che garantiscano all´esecutivo - sia esso di destra o di centrosinistra - di governare l´intera legislatura, di restituire agli elettori il diritto di scegliere gli eletti, di consentire loro di conoscere con chiarezza le coalizioni alternative in campo. E serve una legge che, introducendo le quote rosa, affronti anche il tema dell´equilibrio di rappresentanza tra uomini e donne in Parlamento.
Berlusconi si augura che non si vada al referendum e che si trovi un accordo...
Il referendum dev´essere inteso come uno stimolo alle forze politiche. Deve rappresentare una subordinata. La strada principale da seguire è quella dell´accordo tra maggioranza e opposizione che porti il Parlamento ad approvare, con largo consenso, una nuova legge elettorale. Per questo serve serietà da parte di tutti. Da troppi anni diciamo che si devono fare riforme che poi non si fanno. Oggi è necessario che ognuno si assuma le proprie responsabilità: se si dice "si" sia "si", se si dice "no" sia "no".
Nuova legge elettorale o, insieme, anche altre riforme?
La legge elettorale richiede anche che si metta mano ad alcune riforme strettamente connesse: il superamento del bipolarismo perfetto, sostituendo il Senato con la Camera di rappresentanza dei poteri regionali e locali, dando così completamento alla modifica del titolo V della Costituzione sul federalismo. Così come è necessario onorare l´impegno - che noi e i partiti d´opposizione abbiamo assunto - di andare a una riduzione del numero dei parlamentari. È importante che si ridefiniscano con chiarezza anche i rapporti tra presidente del Consiglio e governo e governo e Parlamento.
Lei conosce l´obiezione del centrodestra: l´Unione vuole prendere tempo per tenere in piedi il governo.
Nessuno vuole perdere tempo. Però bisogna evitare tra noi il gioco delle tre carte. Quando abbiamo invitato l´opposizione a discutere di una nuova legge elettorale non lo abbiamo fatto perché pensavamo che bisognasse approvare nuove regole per poi precipitarsi verso nuove elezioni. Noi pensiamo che sia necessario dare stabilità al sistema. Dopodiché, quando si voterà non dipende dall´approvazione delle regole elettorali ma dalle dinamiche dello scenario politico. Bisogna separare, quindi, l´esame della legge elettorale dalla data di eventuali elezioni.
Segretario, parlare di stabilità con 23 partiti in Parlamento è quantomeno velleitario...
È il secondo tema che ci consegna la crisi politica delle scorse settimane. Tutti, ormai, comprendono che bisogna superare la frammentazione del sistema politico. Oggi, in Parlamento, si fronteggiano due coalizioni: una composta da tredici e l´altra da dieci partiti. Con questo tipo di bipolarismo si possono vincere le elezioni, ma è difficile governare per cinque anni. Abbiamo bisogno di una riforma che risolva il problema della fragilità del sistema. Bisogna perseguire due strade, quindi: la prima è quella del sistema elettorale. La seconda riguarda la riforma dei soggetti politici. La politica la fanno vivere concretamente i partiti e in questi anni abbiamo vissuto quotidianamente la contraddizione tra un sistema politico bipolare e maggioritario nelle regole, del quale erano protagonisti partiti che continuavano a vivere secondo una cultura e una logica proporzionalista.
Il suo ragionamento porta al Partito democratico, in parole povere...
Un bipolarismo con ventitré partiti non regge. Per questo bisogna mettere in campo processi di riaggregazione. Il Partito democratico corrisponde all´esigenza di dare alla coalizione di centrosinistra una guida forte e autorevole. Per ampiezza del suo consenso elettorale, profondità delle radici sociali, credibilità del suo gruppo dirigente. Ed è significativo che, nel momento in cui si è avviato il processo di costruzione del Partito democratico, si sia aperta anche la discussione su altri processi analoghi
Pensa al partito unico del centrodestra proposto da Berlusconi?
Forza Italia e Alleanza nazionale si pongono l´obiettivo di creare un grande partito conservatore a destra, ma anche sul versante dell´Unione si è avviata una discussione tra Prc, Pdci e parte dei Verdi sulla possibilità di costruire l´aggregazione di una sinistra più radicale. A dimostrazione che il progetto del Partito democratico corrisponde a un´esigenza reale di riforma del sistema politico. L´Italia è di fronte a un passaggio cruciale, deve ridefinire i caratteri del suo sviluppo produttivo, della sua coesione sociale, dei suoi assetti istituzionali, della sua collocazione internazionale. Tutto questo richiede, naturalmente, che la coalizione di governo onori la fiducia che gli italiani le hanno accordato. Ma una politica di grandi trasformazioni deve vivere anche nella società, grazie all´azione quotidiana di un grande agente culturale, sociale e politico: di un grande partito. Altrimenti si farebbe un riformismo dall´alto, un riformismo senza popolo. Il governo Prodi è uscito dalla crisi politica delle scorse settimane rilanciando la propria iniziativa e con l´ambizione di far crescere il Paese. Abbiamo bisogno di una grande forza che faccia vivere questo progetto nella società e lo faccia vincere. Queste sono le ragioni per le quali il Partito democratico è una necessità.
E tutto questo viene compreso dal popolo dell´Ulivo?
Sì, e non si capirebbe altrimenti il successo dei congressi Ds. Una partecipazione grande e appassionata che si esprime a favore del Partito democratico. E lo fa, tra l´altro, con voto segreto. Non ci può essere quindi il sospetto che la partecipazione al voto sia condizionata. E il fatto che nella prima parte di questa tornata congressuale la mozione da me presentata raccolga una percentuale che si attesta tra il 75 e il 78%, è la dimostrazione ulteriore di quanto sia condiviso il progetto del Partito democratico. Vorrei far notare, tra l´altro, che se questa tendenza si dovesse consolidare, la mozione che ho presentato e la mia rielezione saranno sostenuti da oltre duecentomila compagni. Una cifra record rispetto al passato.
La minoranza Ds, però, parla di "votificio"...
E sbaglia. Non si può sostenere che chi vota per Angius o per Mussi è un compagno libero e consapevole, e chi vota per Fassino non lo è. Così si rischia di offendere l´intelligenza dei compagni. La verità è che siamo un partito di donne e uomini liberi, ben consapevoli delle sfide che si pongono. Abbiamo convocato il congresso perché fosse il momento di discussione di tutti i nostri iscritti. Questi stanno rispondendo con una partecipazione eccezionale e credo debba essere un dovere di tutti prendere a atto di ciò e valorizzarlo.
C´è chi vi accusa di aver gonfiato il tesseramento...
Non è vero. Noi siamo un partito di seicentomila iscritti in carne e ossa. E se qualche episodio di crescita eccessiva ha suscitato dei dubbi, la commissione per il congresso è intervenuta immediatamente. Peraltro è perfino fisiologico che un congresso così importante solleciti chi vuole esserne protagonista a iscriversi per poter discutere e votare. Ricordo che in Francia le primarie per le presidenziali hanno fatto registrare ottantamila nuovi iscritti al Partito socialista francese, senza che nessuno avesse da ridire. Abbandoniamo argomenti che sviliscono l´immagine del nostro partito, quindi. Continuiamo a discutere, come abbiamo fatto fin qui, in modo appassionato e pacato sul nostro futuro. Sapendo che, avendo voluto convocare il congresso è buona regola accettarne l´esito. Per questo mi auguro che non venga posto in essere - né prima né dopo le assise di Firenze - alcun progetto di separazione o allontanamento dal partito. Credo che nel Partito democratico, che sarà riformista e plurale nelle sue ispirazioni culturali e politiche, ci sia spazio anche per un´anima che esprima una radicalità di sinistra maggiore. Mi auguro che quella minoranza di sinistra che ha avuto un compito e una funzione positiva dentro i Ds, voglia giocare lo stesso ruolo dentro il Pd, concorrendo a dare ad esso quel profilo innovatore che tutti riteniamo necessario per la politica italiana.
Lungo la strada del Partito democratico si pone il tema della laicità. Reggerà l´alleanza tra laici e cattolici intorno al tema dei Dico?
È il terzo grande tema che ci consegna la crisi politica delle scorse settimane. La necessità di una nuova stagione di confronto, dialogo e ricerca tra credenti e non credenti che, tutti, devono misurarsi con sfide inedite e interrogativi sul destino dell´uomo. I grandi cambiamenti climatici mettono in causa lo sviluppo fin qui seguito dal mondo e sollecitano a definire nuovi paradigmi per la crescita economica e sociale. Le frontiere nuove della scienza e delle tecnologie consentono di intervenire sulla vita e sulla morte, suscitando interrogativi etici che riguardano sia chi ha una fede religiosa, sia chi si affida alla razionalità umana. La società di oggi è assai più sensibile di un tempo ai diritti della persona, al rispetto delle scelte di vita e dell´orientamento sessuale di ciascuno. Sono tutti temi su cui non servono guerre di religione, né contrapposizioni manichee tra fede e ragione. Al contrario, serve pensare un nuovo umanesimo capace di ispirare la politica, l´economia, la tecnica. E per tutto questo un Partito democratico, luogo di incontro di credenti e non credenti, può essere uno strumento essenziale.

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